Da
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Scritto da Michele Monina
Mercoledì 09 Dicembre 2009 09:15
La Tempesta/Venus
C’è un tizio che si occupa di musica su un quotidiano (non dico che è un “mio collega” perché anche io, come l’onorevole Alessandra Mussolini, ho dei figli e non vorrei che leggendo questo sito si impressionassero) che proprio in questi giorni, promuovendo il nuovo lavoro dei ragazzi di Amici di Maria De Filippi (non lo chiamo album… vedi sopra), in un italiano stentatissimo e con uno sfoggio di aggettivi superlativi degni del testimonial di una delle prossime campagne promozionali dei sanitari Ideal Standard, si è lasciato andare a questa considerazione: “Volendo, questo sembra un disco di professionisti di lungo corso. E non è soltanto merito della produzione di Mario Lavezzi, uno che la sa lunga. O di autori come Federica Camba o Daniele Coro, che sono tra i pochi ancora in grado di essere espressivi e riconoscibili in un panorama, quello autorale, che in Italia soffre una siccità da Deserto dei Gobi.” Ora, lasciando da parte l’uso spericolato e dadaista della sintassi, in queste brutte parole ci sono delle questioni che richiedono un approfondimento. Ma, immagino, prima di arrivarci, ci sono un paio di domande che vi si saranno materializzate in testa. Uno, perché io stia qui a parlarvi di una marchetta uscita su un quotidiano (non lo chiamo giornale, per il solito motivo… anche perché, poi, è proprio il quotidiano che ha pubblicato gli articoli che hanno impressionato i figli della Mussolini) quando dovrei recensire il nuovo album (qui si può) antologico di Moltheni. Due, perché io mi concentri su parole così poco comprensibili, al punto da andare a ripescare da un articolo che, Dio voglia, nessuno ha letto, riportandolo a galla (in realtà, per questioni naturali assai note, la materia di certi articoli a galla ci resta sempre). Il motivo è semplice: il 27 novembre è uscito nei negozi di dischi (esistono ancora?) Ingrediente novus, l’antologia con cui l’artista marchigiano Umberto Giardini, in arte Moltheni, festeggia il decennale della sua carriera. Per il lancio di Ingrediente novus ((un lancio artigianale che, non avendo alle spalle le major, e quindi la disponibilità di certi tizi che si occupano di musica a fini promozionali, si è dovuto ritagliare spazi a spallate, qua e là) Moltheni ha approfittato dei pochi spazi conquistati a fatica per annunciare la fine della sua carriera con questo nome (e con questa lingua, la nostra. O meglio, la nostra nostra, non quella del tizio che si occupa di musica su un quotidiano). E voi direte, ma che c’entra il pezzo del tizio? C’entra, c’entra. Andiamo con ordine. Moltheni è uno dei migliori autori della canzone italiana contemporanea. Ha scritto perle rare, nel nostro panorama, e ora decide di raccoglierle in una antologia, riarrangiandole completamente per l’occasione. Al suo fianco, nell’empireo degli autori, a parere di chi scrive, pochi altri eletti, da Paolo Benvegnù a Manuel Agnelli, da Cristina Donà a L’Aura, passando per Francesco Di Bella dei 24 Grana e Dente. Poi, tanto per non essere tacciato di avere un atteggiamento naif, tutto rivolto al mondo indipendente, ci metterei anche autori più meramente pop, come Giuliano Sangiorgi o Cesare Cremonini (su gente come Tiziano Ferro o Samuele Bersani mi sembra inutile soffermarmi qui). Scoperto da Francesco Virlinzi, uno degli ultimi discografici che si potevano vantare di essere tali (perché lo erano davvero e perché la discografia, quando ancora era in vita, aveva ancora un senso), Moltheni ha esordito con un album, Natura in replay di grandissimo spessore (e il tizio di cui sopra mi scusi per l’incauto utilizzo di un superlativo in assenza di potentati… del resto l’album era per una major, la CGD). Brani come Circuito affascinante, In centro all’orgoglio (presenti in questa antologia), Magnete e Argento e piombo ce lo mostrarono subito come una voce interessantissima, sia da un punto di vista puramente fonetico che da quello della scrittura. L’essere costantemente accostato a Carmen Consoli, a sua volta scoperta e prodotta da Virlinzi, dimostrò, se mai ce ne fosse stato bisogno, la miopia di certi tizi che si occupano di musica sui quotidiani (trattandosi di un album CGD i quotidiani e i tizi se ne occuparono), ma tant’è. Dopo buoni risultati di critica e di vendita, agevolati anche da un surreale passaggio al Festival di Sanremo con Nutriente (ad accompagnarlo erano Manuel Agnelli ed Emidio Clementi dei Massimo Volume), Moltheni attraversò l’Italia in lungo e in largo, sfoggiando live altre perle in chiave più rock, una su tutte Marilena, mai incise in seguito. Fu poi la volta dell’album americano, Fiducia nel nulla migliore. I suoni si fanno più duri, la penna sempre ispirata sembra, in alcuni brani, racchiudersi in se stessa, a riccio. Brani come Curami Deus, Zona monumentale, Il bowling o il sesso? e E poi vienimi a dire che questo amore non è grande come tutto il cielo sopra di noi (titolo che da solo vale l’acquisto del cd) dimostrano uno spessore compositivo davvero raro. A parte la prima, tutti i brani compaiono, in versioni nuove, sull’antologia. Stavolta i tizi che si occupano di musica su certi quotidiani hanno da ridire perché, secondo loro, Moltheni non assomiglia più alla cantantessa, ma a certo rock indipendente, Afterhours in testa. In realtà Moltheni è come sempre Moltheni, un cantautore prestato al rock. Le storie che racconta potrebbero benissimo trovare cittadinanza nella pagine di un libro, e chissà che prima o poi un editore illuminato non si decida a farlo. Un piccolo passo indietro. Nel 2000, un anno prima della pubblicazione del secondo album di Moltheni, viene a mancare. Francesco Virlinzi. Un dramma per la sua famiglia e per tutta la discografia, che di colpo perde uno dei suoi ultimi uomini illuminati. Moltheni rimane incastrato dentro un contratto che lo lega alla major, senza avere più un referente con cui confrontarsi. Risultato: per poter ascoltare una nuova prova di studio del Nostro tocca aspettare quattro anni. Si tratta di Splendore terrore, uscito per l’etichetta dei Tre Allegri Ragazzi Morti, La Tempesta. L’album, in parte strumentale, è introspettivo, difficile. Ma contiene una perla rarissima: In porpora, una delle più belle canzone italiane degli ultimi decenni. Di questo lavoro in Ingrediente novus finiscono Suprema e Fiori di carne. La svolta è compiuta, Moltheni comincia ad avvicinarsi a certo cantautorato acustico di matrice scandinava (lo so che sembro uno di quei pazzi che scrivono nei blog, ma è la pura verità… però non andate a dirlo al tizio che si occupa di musica per un certo quotidiano, potrebbe non riprendersi più dallo shock). Ne è prova il successivo Toilette memoria. Un album decisamente maturo, figlio di una acquisita serenità da parte del cantautore bolognese di adozione. Tra gli ospiti spicca Franco Battiato, con cui il nostro ha collaborato in veste di attore. L’età migliore e Nella mia bocca vengono riproposti qui, in Ingrediente novus, prova provata di quanto sto dicendo. Nel 2007 è la volta dell’Ep Io non sono come te, altro passo deciso verso i suoni acustici e nordici. Montagna nera è l’estratto rielaborato per l’occasione. L’anno successivo è la volta di I segreti del corallo. E siamo quasi alla fine di questo lungo viaggio. Moltheni dimostra ancora una volta il suo spessore. Scrive canzoni che, fossimo altrove, verrebbero studiate nelle scuole. Gli anni del malto e Corallo, dentro il nuovo cd, ne sono testimonianza. E a questo punto possiamo tornare al discorso iniziale, non prima di aver sottolineato i nei di questo lavoro (siamo obiettivi, mica ci hanno intortato per scrivere queste parole). Primo neo, Moltheni, volendo festeggiare il suo decennale, ha deciso di chiamare a raccolta alcuni amici. Funziona così, del resto, fai una festa e ti circondi delle persone che ami. Tra queste c’è il titolare di una delle Next Big Thing della nostra scena indipendente, quel Vasco Brondi delle Luci delle centrali elettriche che tanto si sta facendo giustamente notare. Ora, però, dico io: va bene, vuoi festeggiare e chiami gli amici, ma fargli cantare un capolavoro come Zona monumentale mi sembra davvero troppo. Vasco Brondi nei suoi dischi parla, non canta. Sentendo il brano in questione si capisce il perché. Peccato. Altro neo. Da questa antologia mancano le due canzoni che, a parere di chi scrive, sono le più belle scritte da Moltheni. Di più, sono tra le più belle scritte da un italiano negli ultimi anni. Se mai dovesse portare cinque canzoni (Nick Hornby santo subito) su un’isola deserta, chi scrive ce le metterebbe entrambe, per capirsi. Sono In porpora e Vita rubina. Ma come si fa a lasciarle fuori da una sorta di best of? Adesso arrivo all’incipit di questa strana recensione. Il tizio che si occupa di musica per un quotidiano ha scritto: “Autori come Federica Camba o Daniele Coro, che sono tra i pochi ancora in grado di essere espressivi e riconoscibili in un panorama, quello autorale, che in Italia soffre una siccità da Deserto dei Gobi”. Federica Camba e Daniele Coro, i salvatori della patria, sono autori, tra le altre canzoni, di perle come Stupida di Alessandra Amoroso, di Grazie a tutti di Gianni Morandi, di Bellissimo così di Laura Pausini, di Domani di Valerio Scanu, di Colpo di fulmine di Anna Tatangelo, di Dentro a ogni brivido di Marco Carta, di Bella come sei di Luca Napolitano. Se non le conoscete, con ogni probabilità, non passate il vostro tempo libero a guardare il talent show di Canale 5, non ascoltate le radio italiane, non vi siete persi niente. Moltheni, dichiarando di voler lasciar perdere con la musica italiana, durante un’intervista al mensile XL, ha detto: “Basta guardare com'é trattata la musica in tv. X Factor e simili sono immondizia e danno popolarità a persone che non vengono dalla gavetta. Una farsa guidata da giurie composte da gente che non capisce niente di musica...” e anche “La scena indipendente non è migliore della sinistra italiana. Rivendica di stare dalla parte dei giusti, ma nella realtà non è cosi. Tutti gli artisti della scena alternativa italiana che credono di essere immacolati sono gonfi di narcisismo e pochezza... in realtà non è cosi. Tutti gli artisti della scena alternativa italiana che credono di essere immacolati sono gonfi di narcisismo e pochezza...”. Chi scrive queste parole, di principio, non sarebbe d’accordo con lui. Poi legge le parole di Paolo Giordano, questo il nome del tizio che si occupa di musica su un quotidiano (Il Giornale) e comincia a dubitare che Moltheni abbia ragione. Se c’è gente come lui, Giordano, o come Gian Marco Mazzi, che a loro modo influenzano il mercato discografico, stabilendo chi ha il diritto di andare al Festival di Sanremo (l’uno stando a capo di Sanremo Lab, l’altro essendone direttore artistico), forse vuol dire che in Italia non c’è salvezza. Se gli autori degni di nota scrivono pezzi come Grazie di tutto o Stupida, forse la possibilità di una salvezza non c’è mai stata. Mi sono dilungato troppo. Chiudo citando i primi versi di Vita rubina, brano che apriva I segreti del corallo e che non è finito dentro Ingrediente Novus. “L'altra notte mentre uscivo fuori dalla discoteca/ mi è passata a quattro metri la mia vita/ Camminava col bicchiere e un vestito nero/ mi ha guardato, ma non mi ha cagato/ La conosco bene è in collera con me/ mi rimprovera le cose che non ho potuto fare/ Mi rimprovera parole che non ho potuto dire/ che mi avrebbero cambiato in meglio insieme a lei.” Paolo Giordano, se mi scrivi in privato ti spiego cosa significano.
Tracklist:
* Petalo (inedito)
* Il circuito affascinante
* Fiori di carne
* Gli anni del malto
* Nutriente
* In centro all'orgoglio
* Zona monumentale
* L'età migliore
* E poi vienimi a dire che questo amore non è grande come tutto il cielo sopra di noi
* Corallo
* Il bowling o il sesso?
* Suprema
* Nella mia bocca
* Un desiderio innocuo
* Montagna nera
* La fine della discografia italiana, nell’illusione di te
* Per carità di Stato (inedito)
Popon consiglia l'ascolto di In centro all'orgoglio!