| Non ci posso fare niente...... Continuo ad amarlo nonostante la sua ispirazione non sia più quella dei tempi d'oro, nonostante diventi con l'invecchiare sempre più fazioso, nonostante il liceo l'ho finito da quasi 10 anni e checchè se ne dica il Guccio soprattutto per i liceali è una specie di Verbo.... Lo amo per tanti motivi; per la sua spontaneità, per la sua ironia, per il vino che ci unisce, per la sua simpatia contagiosa (siete mai andati a mangiare a Bologna all'osteria sotto casa sua e fermarvi a chiacchierare con lui?), ma soprattutto per il suo modo di farmi commuovere anche parlando di cose che non condivido... Io non sono di sinistra, o meglio, non sono di quella sinistra no global e perennemente in piazza che è andata a manifestare al G8 nel 2001, ma, pur non trovandomi d'accordo con quello che dice (perme Carlo Giuliani è tutto fuorchè un martire), tutte le volte che ascolto Piazza Alimonda mi esce fuori una rabbia e una partecipazione che a mente lucida che non mi spiego.... Vi posto dunque il testo e vi invito ad ascoltare questo grandisssimo poeta!
PIAZZA ALIMONDA
Genova, schiacciata sul mare, sembra cercare respiro al largo, verso l'orizzonte. Genova, repubblicana di cuore, vento di sale, d'anima forte. Genova che si perde in centro nei labirintici vecchi carrugi, parole antiche e nuove sparate a colpi come da archibugi. Genova, quella giornata di luglio, d'un caldo torrido d'Africa nera. Sfera di sole a piombo, rombo di gente, tesa atmosfera. Nera o blu l'uniforme, precisi gli ordini, sudore e rabbia; facce e scudi da Opliti, l'odio di dentro come una scabbia. Ma poco più lontano, un pensionato ed un vecchio cane guardavano un aeroplano che lento andava macchiando il mare; una voce spezzava l'urlare estatico dei bambini.
Panni distesi al sole, come una beffa, dentro ai giardini. Uscir di casa a vent'anni è quasi un obbligo, quasi un dovere, piacere d'incontri a grappoli, ideali identici, essere e avere, la grande folla chiama, canti e colori, grida ed avanza, sfida il sole implacabile, quasi incredibile passo di danza. Genova chiusa da sbarre, Genova soffre come in prigione, Genova marcata a vista attende un soffio di liberazione. Dentro gli uffici uomini freddi discutono la strategia e uomini caldi esplodono un colpo secco, morte e follia. Si rompe il tempo e l'attimo, per un istante, resta sospeso,
appeso al buio e al niente, poi l'assurdo video ritorna acceso; marionette si muovono, cercando alibi per quelle vite dissipate e disperse nell'aspro odore della cordite.
Genova non sa ancora niente, lenta agonizza, fuoco e rumore, ma come quella vita giovane spenta, Genova muore. Per quanti giorni l'odio colpirà ancora a mani piene. Genova risponde al porto con l'urlo alto delle sirene. Poi tutto ricomincia come ogni giorno e chi ha la ragione, dico nobili uomini, danno implacabile giustificazione, come ci fosse un modo, uno soltanto, per riportare una vita troncata, tutta una vita da immaginare. Genova non ha scordato perché è difficile dimenticare, c'è traffico, mare e accento danzante e vicoli da camminare. La Lanterna impassibile guarda da secoli gli scogli e l'onda. Ritorna come sempre, quasi normale, piazza Alimonda.
La "salvia splendens" luccica, copre un'aiuola triangolare, viaggia il traffico solito scorrendo rapido e irregolare. Dal bar caffè e grappini, verde un'edicola vende la vita. Resta, amara e indelebile, la traccia aperta di una ferita
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